17 maggio 2008

Tu hai detto di amarmi

LXXXVII

Tu hai detto di amarmi
Tu hai detto di amarmi, Guido, e il mio cuore subito si è esaltato e ha cantato, pazzo di felicità.
Da tanto tempo tu sei per me un prodigio di bellezza e di intelligenza; da tanto tempo, in compagnia, cercavo con sforzo di ascoltare anche i discorsi degli altri, ma il mio orecchio percepiva soltanto la tua voce.
Ma pur pazza di felicità, ho sentito uno strano timore penetrare in me. Voglio essere sincera, Guido, e parlarti il più chiaramente possibile per non avere in seguito amari rimpianti.
Ho paura, veramente paura di soffrire per te; ho paura che il mio amore mi porti soprattutto sofferenza, dolori e solitudine. E non voglio trovarmi fra breve con il cuore spezzato e tutte le illusioni distrutte. Preferisco la massima sincerità adesso, da parte tua, anche se temi di darmi un dispiacere. Sei certo di volermi veramente bene? Te lo sei chiesto con coscienza e serietà? È questo che voglio sapere da te.
O forse il tuo non è altro che uno di quei sentimenti facili che nascono e muoiono nel giro di poche settimane, senza lasciare nessuna traccia? Forse ti sono piaciuta per qualche ragione che mi sfugge, ma in te non esiste la grande, sincera e profonda passione...
Insisto su questo perché ti conosco da parecchi anni e ho sempre seguito, in questo periodo, la tua condotta. Se io fossi meno innamorata, se il mio cuore non fosse così attratto da te, ti direi anch'io di non porci domande, ma di accettare la vita e l'avvenire così come il destino ce li prepara.
Ma non posso, Guido: sento che per me questo legame avrebbe la massima importanza e ho quindi il dovere di porti almeno qualche domanda.
Preferirei una tua risposta per lettera: sarà più chiara e sarai più libero di esprimere il tuo pensiero.

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