13 maggio 2008

Non voglio credere

LXXXIV

Non voglio credere
Non voglio credere, Renato, che tu sia così indifferente e glaciale come vuoi far apparire. Quel tuo sorriso freddo è nemico della tua giovinezza e del tuo sguardo che rivela, a tratti, lampi di calore.
Tu vuoi fare il cinico, ma questo ti sfigura e ti invecchia inutilmente. Credi forse che le ragazze del giorno d'oggi siano sempre pronte a morire d'amore per chi appare crudele?
No, Renato: io mi sono affezionata a te soltanto per quei bagliori dei tuoi occhi chiari e limpidi, ti resto vicina ogni giorno con il mio pensiero perché capisco che tu sei nemico di te stesso, perché vedo che tu non ti conosci abbastanza.
Che cosa posso fare per aiutarti ad uscire da questa tua arida e volontaria prigione? Se l'affetto e la tenerezza bastassero a questo, da tanto tempo il tuo cuore si sarebbe aperto ai miei ripetuti e caldi richiami.
Io ti mostro la mia anima; ti rivelo anche la mia sofferenza, ma tu ancora non hai imparato ad ascoltare le mie invocazioni, a parlare al mio cuore che attende.
Nessuno ti è nemico, Renato; perché allora quella brutta piega sulle labbra? Tu ti guardi attorno con occhi ostili e diffidenti, trincerato in una solitudine senza sorriso.
Voglio soltanto aiutarti, mio caro, lascia che lo faccia e non rimpiangerai certamente questo tuo mostruoso egoismo.
Ti ho scritto perché tu possa capire e riflettere bene su tutto questo, dato che a voce tu non mi permetteresti mai un discorso del genere.

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