28 maggio 2008

Forse dovrei tacere ancora

XCV

Forse dovrei tacere ancora
Forse dovrei tacere ancora, mio caro, o forse è giusto che io parli. Non so bene quale sia la cosa migliore, ma una ragazza innamorata è incapace di un ragionamento freddo e calcolatore: una ragazza che vuol bene segue soltanto il suo istinto, ed è per questo che io ti scrivo, perché il mio cuore sente di aver bisogno d'una spiegazione e forse anche di uno sfogo che mi aiuti ad alleggerire la mia pena.
Qualcosa in te è mutato, carissimo Augusto; l'ho notato da tempo, ma ho atteso a parlare sperando che tutto tornasse presto come prima. La tua voce però continua a essere velata di tristezza, il tuo sguardo è distratto o pieno di malinconia. Perché non mi parli della tua pena?
Io non so che cosa sia successo, forse non è successo nulla di allarmante e questo non è altro che un periodo per te non troppo buono.
Ma tu devi avere fiducia in me, sentire il mio grande desiderio di aiutarti, di comprenderti in qualunque cosa e in qualunque momento.
È triste sentirsi esclusi dall'intimità di colui che si ama con tutto il cuore: io mi sento avvilita e inutile e mi pare che il nostro amore gradatamente si stia rovinando.
L'amore, per vivere, ha bisogno di sincerità, di comprensione e soprattutto di fiducia.
Perché non esci dal tuo riserbo?
Forse si tratta soltanto di preoccupazioni di lavoro e tu pensi che sia inutile parlarne con me; ma sbagli, se credi questo, perché due creature che si amano devono stare vicine in ogni circostanza. Non saprò forse darti saggi consigli, ma il fatto di non nasconderci nulla sarà prezioso per il nostro avvenire. Ti prego di rassicurarmi con una lettera, perché a volte non è possibile chiarire certe cose a voce.

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