22 maggio 2008

È bene che parli io

XCI

È bene che parli io
È bene che parli io, mio adorato tesoro. L'ho capito ieri sera mentre ero stretta nelle tue braccia e l'orchestra suonava quella splendida musica.
Già altre volte avevo intuito di non esserti completamente indifferente; ho sorpreso più volte il tuo sguardo su di me, e i tuoi non erano in quel momento gli occhi che guardano un'estranea qualunque. Altre volte ho sentito la tua voce vibrare di emozione e di ansia in discorsi che, anche se velati, si riferivano a noi due.
Ma tutto si è sempre limitato a queste mie supposizioni, che potevano benissimo anche essere illusioni del mio cuore ormai innamorato di te. Tu non mi hai mai detto nulla, anche se le occasioni non ti sono mancate, e forse io non ti ho dato coraggio appunto nel timore di sbagliarmi sui tuoi sentimenti. Perché credere a qualcosa che non esiste? Mi chiedevo piena di ansia e di paura. Perché lui non parla se veramente prova per me qualcosa che non è soltanto amicizia?
Ma ieri sera domande e paure sono svanite. Tu mi ami; l'ho sentito nelle tue mani, nel tuo sguardo.
E taci perché temi la mia risposta: taci perché altri giovani stanno attorno a me e il tuo orgoglio non vuole un rifiuto. Forse, aspettando, potrei avere da te la confessione del tuo amore; ma non voglio aspettare, non voglio ragionare. Sono certa che tu mi ami come io ti amo, e mi pare ridicolo tacere ancora e sprecare dei giorni che possono essere per noi meravigliosi.
Non essere più l'uomo orgoglioso che vuoi di solito mostrarti, ma soltanto l'uomo innamorato che io amo.

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