LXXII

Emilio caro,
ti ho visto ieri sera in mezzo allo stuolo delle tue ammiratrici e mi è parso di impazzire. Tutte ti sorridevano con occhi carichi di ammirazione, tutte ti stavano attorno aspettando un tuo cenno; e tu sei orgoglioso di questo, non lo negare. Ho visto il tuo sguardo pieno di trionfo, i tuoi gesti di sufficienza, e mi è parso persino di odiarti.
Ma purtroppo è stata una sensazione di un attimo: ancora una volta ti ho scusato, ho trovato per te e per il tuo comportamento mille attenuanti: la vanità maschile... la tua giovinezza... la stupidità femminile...
E pensare che anch'io sono fra quelle che formano lo stuolo di queste stupide, perché anch'io ti stò adorando da tempo, ricevendo da te solo indifferenza e pietà.
Ma io ho sempre creduto in buona fede di avere un certo diritto a sperare, perché non posso dimenticare le dolci parole d'amore che mi mormoravi nelle nostre gite domenicali, le tenere strette nel buio del cinema.
Che cos'era tutto questo?
Per te un gioco e null'altro; un gioco che ripeti con tutte finché ti fa piacere, e sempre ti riesce. Per me, invece, sono stati momenti di sincera splendida felicità che mi sono rimasti vivi nel ricordo.
Io continuo a vederti come il più bello, il più interessante il più intelligente e il più caro di tutti gli uomini... È per questo che non posso abbandonare i ricordi.
Perché così, come tu sei, ho sognato da sempre l'uomo che avrei amato, a cui mi sarei appoggiata con delizia e fiducia. Puoi rispondermi, Emilio? Mi faresti felice, anche se già so che non mi dirai nulla di nuovo, ma mi basterà una tua lettera per dissipare la disperazione che si è impadronita di me.
ti ho visto ieri sera in mezzo allo stuolo delle tue ammiratrici e mi è parso di impazzire. Tutte ti sorridevano con occhi carichi di ammirazione, tutte ti stavano attorno aspettando un tuo cenno; e tu sei orgoglioso di questo, non lo negare. Ho visto il tuo sguardo pieno di trionfo, i tuoi gesti di sufficienza, e mi è parso persino di odiarti.
Ma purtroppo è stata una sensazione di un attimo: ancora una volta ti ho scusato, ho trovato per te e per il tuo comportamento mille attenuanti: la vanità maschile... la tua giovinezza... la stupidità femminile...
E pensare che anch'io sono fra quelle che formano lo stuolo di queste stupide, perché anch'io ti stò adorando da tempo, ricevendo da te solo indifferenza e pietà.
Ma io ho sempre creduto in buona fede di avere un certo diritto a sperare, perché non posso dimenticare le dolci parole d'amore che mi mormoravi nelle nostre gite domenicali, le tenere strette nel buio del cinema.
Che cos'era tutto questo?
Per te un gioco e null'altro; un gioco che ripeti con tutte finché ti fa piacere, e sempre ti riesce. Per me, invece, sono stati momenti di sincera splendida felicità che mi sono rimasti vivi nel ricordo.
Io continuo a vederti come il più bello, il più interessante il più intelligente e il più caro di tutti gli uomini... È per questo che non posso abbandonare i ricordi.
Perché così, come tu sei, ho sognato da sempre l'uomo che avrei amato, a cui mi sarei appoggiata con delizia e fiducia. Puoi rispondermi, Emilio? Mi faresti felice, anche se già so che non mi dirai nulla di nuovo, ma mi basterà una tua lettera per dissipare la disperazione che si è impadronita di me.


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