27 febbraio 2008

Quante volte

XXV

Quante volte
Quante volte, Anna dolcissima, sono stato sul punto di parlarti?
Ma tu mi hai sempre guardato con quei tuoi occhi colmi di suppliche, quasi che le mie parole ti facessero paura. Ho sempre rispettato questo tuo tacito desiderio, e sono rimasto finora in silenzio.
Ma perché, Anna, temi le mie parole? Già tu le conosci, già tu le hai presentite con il tuo cuore sensibile e forse le hai anche accettate con gioia. Ma io conosco troppo bene, il tuo temperamento: so che la tua timidezza ti fa temere qualsiasi novità, ti fa rifuggire da ogni manifestazione d'affetto.
Non ne hai colpa, mia piccola Anna, e questa tua ritrosia è la cosa che più mi attira in te, perché so che non è mancanza di coraggio. Però è giunto il momento in cui devi ascoltarmi e devi anche rispondermi.
Ti voglio bene, Anna cara, ti voglio bene da molto tempo, dal giorno in cui tu mi hai teso timidamente la mano e con il viso arrossato hai mormorato un impercettibile « Piacere... ».
Ti vedevo, quel giorno, per la prima volta, ma già il mio cuore avvertiva un nuovo, strano e forte sentimento che mi spingeva a conoscerti meglio, a guardare, senza stancarmi mai, quei tuoi occhi espressivi e misteriosi, affascinanti e schivi. Potrei anche essemi sbagliato, Anna, ma subito ho intuito in te un cambiamento; un tremito delizioso e adorabile era nella tua voce ogni volta che ti rivolgevi a me. Per questi piccoli, ma significativi segni, ho guardato a te come alla compagna del mio avvenire, e se nulla tu hai detto o fatto per dimostrarmi la tua simpatia, è colpa indubbiamente della tua timidezza.
Il mio cuore aspetta trepido la tua risposta.

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