29 febbraio 2008

Sono costretto a scriverti

XXVII

Sono costretto a scriverti
Sono costretto a scriverti, mia piccola Mara, io che ho sempre odiato la penna, io che ho sempre preferito affrontare qualsiasi argomento senza ricorrere a inutili sostituti della parola.
Ma ora ho paura di te, della tua reazione a queste mie parole. È tanto tempo che mi sfuggi, tanto tempo che non riesco più a restare neanche per un attimo solo con te. Ho capito perciò che tu hai paura, che tu mi temi. Ma perché?
Lo sai, lo hai certamente intuito, che ti amo. Ma tu sei troppo timida, eccezionalmente riservata in questa nostra epoca di esibizionismo e spregiudicatezza.
Così le mie parole potrebbero sconvolgerti, e tu magari mi daresti una risposta suggerita soltanto dal turbamento e dalla timidezza.
Ora, invece, puoi pensare, meditare con calma e rispondermi ciò che ti detta il cuore.
Io credo di aver indovinato tutto quello che tanto gelosamente tenti di nascondermi, e questo mi rende tanto, tanto felice. Amore mio bello, ti stringo fra le mie braccia e cerco sosì il palpito del tuo cuore. È un palpito dolcissimo, come il tuo sguardo e il tuo sorriso, che mi accompagnano in ogni minuto della mia giornata.
Dimentica le tue incertezze e i tuoi timori; io sono al tuo fianco per aiutarti e per scaldarti con il calore del mio affetto.
Vuoi rispondermi subito, mia cara? Aspetto con fiducia.

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